Il delitto di dichiarazione infedele è disciplinato dall’art. 4 del D. Lgs. 74/2000 che sanziona chiunque indichi nella propria dichiarazione dei redditi dei ricavi minori o dei costi maggiori rispetto a quelli effettivi. La punibilità scatta tuttavia per le sole violazioni gravi, ossia al superamento di determinate soglie quantitative che hanno subito importanti modifiche con la riforma operata dal decreto fiscale. Nello specifico, ai fini della punibilità è necessario che l’infedeltà dichiarativa determini un’evasione superiore a € 100.000,00 per singola imposta e che venga indicato in maniera non corretta almeno il 10% del totale dichiarato o, comunque, elementi superiori a 2 milioni di euro. 

Al fine di distinguere tale fattispecie da quelli collegati alla dichiarazione fraudolenta, si rileva che esistono delle differenze sostanziali circa le modalità di configurazione del reato. Difatti, l’ipotesi di infedeltà richiede solo che il maggior costo indicato sia “inesistente”, escludendo perciò l’utilizzo di elementi documentali idonei a supportare quanto indicato. Per tale ragione, in presenza di costi inesistenti, l’elemento differenziante che trasforma il reato di infedeltà dichiarativa in frode dichiarativa è la presenza di documentazione finemente creata per simulare operazioni in realtà inesistenti. Come sancito dalla Cassazione infatti, la creazione di tale documentazione fa registrare un comportamento sicuramente più insidioso e grave rispetto al caso della mera infedeltà.

 

Condotte: infedeltà consapevole ed errori interpretativi

Il reato si configura sia nel caso in cui la rappresentazione infedele della dichiarazione sia fatta con consapevolezza, come nel caso in cui un soggetto indica dei costi di cui è consapevole la reale inesistenza, sia nel caso in cui l’infedeltà sia dovuta ad un’interpretazione non condivisa dai verificatori. Difatti, da una diversa interpretazione delle singole poste contabili o addirittura dell’intera posizione del contribuente e quindi da una diversa imputazione dei costi e dei ricavi, ne potrebbe conseguire l’infedeltà della dichiarazione. Se l’applicazione della disciplina in caso di consapevolezza appare immediatamente giustificata, lo stesso non può dirsi nel secondo caso, ossia in caso di diversa interpretazione (anche alla luce della non sempre chiara normativa tributaria). Difatti, decisamente diverso  è sanzionare penalmente i soggetti consapevoli di rappresentare falsamente costi o ricavi d soggetti che invece hanno valutato erroneamente senza nascondere nulla.

 

 

Al fine di limitare la possibilità di sanzione penale in caso di meri errori valutativi, la riforma attuata con il D. Lgs. 158/2015 mirava ad una revisione del regime della dichiarazione infedele e del relativo sistema sanzionatorio al fine di meglio correlare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le sanzioni all’effettiva gravità dei comportamenti. All’art. 4 sono stati perciò introdotti:

  • il comma 1bis, che esclude espressamente il reato in caso di alcuni determinati errori valutativi, ossia: incorretta valutazione o classificazione di elementi attivi o passivi esistenti indicati in bilancio o in altra documentazione fiscale; violazioni delle regole sulla competenza, sulla deducibilità o inerenza di elementi esistenti e riferiti ad operazioni realmente avvenute;
  • il comma 1 ter: che esclude la punibilità nel caso di altri errori valutativi che singolarmente considerati differiscono in misura inferiore al 10% dalle valutazioni corrette. 

Il comma 1 ter è stato tuttavia modificato con il decreto fiscale 2020 prevedendo che le infedeltà valutative che devono differire in misura inferiore al 10% non devono essere considerate singolarmente, ma complessivamente, facendone conseguire una maggior facilità di superamento.

Soggetti attivi Condotte Elemento soggettivo  Consumazione del reato Pene e soglie di punibilità

Sono i contribuenti obbligati alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi o IVA sia in proprio che in quanto liquidatori o rappresentanti di società, di enti, persone fisiche o sostituti d’imposta 

Punisce la condotta per cui il contribuente dichiari elementi passivi inesistenti o elementi attivi inferiori di quelli effettivi superando determinate soglie di punibilità

Volontà di evasione delle imposte sui redditi o IVA, comprendendo in tal modo anche il fine di conseguire un indebito rimborso o un inesistente credito d’imposta (Dolo specifico).

Momento della presentazione delle dichiarazioni.

Reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi con soglia minima di evasione pari a €100.000 per singola imposta.

 

 

 

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