È stata richiesta la pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione affinché stabiliscano in quale modo si possa provare la regolarità della notifica via posta in caso di irreperibilità relativa del destinatario.

Il riferimento generale in materia lo troviamo nella L. 890/1982, all’articolo 8 comma 4:

Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito è data notizia al destinatario, a cura dell’operatore postale, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d’ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda…”

Tale articolo prevede che l’operatore sia obbligato a comunicare al destinatario il compimento delle formalità ed il deposito presso l’ufficio postale; tale notizia deve essere trasmessa in busta chiusa mediante lettera raccomandata e avviso di ricevimento.

Sulla questione tuttavia l’interpretazione della Corte di Cassazione si è espressa in modo contraddittorio. Nello specifico, riguardo la necessità (o meno) di dimostrare il ricevimento della lettera raccomandata, la Suprema Corte ha adottato orientamenti differenti.

I giudici della sezione tributaria chiedono ora l’intervento delle Sezioni Unite al fine di determinare definitivamente una questione di fondamentale importanza non solo per ciò che riguarda gli atti di imposizione fiscale, ma anche per quelli relativi all’ambito civile, amministrativo e penale; e ciò si verifica tutte le volte in cui l’ufficiale incaricato della notifica si affida al servizio postale.

La Sezione della Cassazione remittente precisa che secondo un primo orientamento in materia tributaria, la notifica, nel caso in cui l’agente preposto a tale funzione non possa recapitare l’atto, si perfeziona per il destinatario entro 10 giorni dall’invio della raccomandata mediante l’avviso del tentativo di notifica, nonché mediante la comunicazione di avvenuto deposito presso l’ufficio postale. Pertanto secondo questa impostazione ai fini della ritualità è sufficiente la prova della spedizione della lettera raccomandata, senza la necessità della prova della sua avvenuta ricezione da parte del destinatario.  

Tale principio è stato adottato sulla base della consapevolezza della difficoltà di esigere (in caso di notificazione a mezzo posta) la reale conoscenza dell’atto da parte della persona a cui è indirizzato. Per tali motivi la soluzione appare quella di considerare sufficiente l’ingresso dell’atto nella sfera di conoscibilità del soggetto a cui l’atto è indirizzato, nel rispetto delle previsioni di legge.

La Cassazione tuttavia, con un indirizzo più recente, è giunta a conclusioni totalmente opposte; infatti i giudici di legittimità hanno stabilito che la prova del perfezionamento del procedimento di notifica (sempre nel caso di irreperibilità del destinatario) deve essere fornita esibendo in giudizio l’avviso di ricevimento della raccomandata che contiene la comunicazione di avvenuto deposito del piego.  Questo perché solo l’esame della raccomandata permette di verificare che il destinatario si effettivamente venuto a conoscenza del deposito dell’atto presso l’ufficio postale, garantendo così anche il suo fondamentale diritto di difesa.

Questa impostazione, chiariscono i giudici che hanno rinviato la pronuncia alle Sezioni Unite, considera imprescindibile la prova della conoscibilità in nome di una effettiva tutale del diritto di difesa come previsto dall’art. 24 della Costituzione.

 

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